Nella mostra Paul Klee Alle Origini dell’arte, che il MUDEC allestisce in una rigorosa esposizione tematica, assistiamo allo svelarsi di un segreto. Non tanto nell’accezione pomposamente sacra in cui l’arte risulterebbe depositaria di una visione esoterica e inaccessibile del mondo, l’artista una sorta di sacerdote oracolare oscuro ed enigmatico; bensì un segreto talmente semplice da essere sprofondato dalla vista perché troppo evidente. Ciò che è quotidiano, si sa, finisce per diventare la preda della grigia abitudine che ovatta e ottunde ogni significato e valore; compito di sgretolare questa patina sottile di distanza e di evocare il magico splendore gioioso della realtà è lasciato all’arte. Programmaticamente Klee si intesta questa missione sciamanica, ma nello stesso tempo – svelando il suo gioco – ci dona il suo potere, risvegliandoci dal torpore dello scontato e facendoci spettatori attivi della nostra creazione magica e onnipotente della realtà.

Geometrie e astrazione

Per compiere questa chiarificazione di un contenuto perso nelle scorie opache della quotidianità usurata, Klee si rivolge al passato dell’arte. Il suo ritracciamento di un percorso già battuto, reinterpretato e rivisitato con una sensibilità nuova si intende, non è un semplice revival nostalgico o palestra per uno sterile eclettismo. Bensì un tentativo di risalire una corrente di stratificazioni storiche per individuare i periodi nei quali il richiamo a una forma più autentica di esperienza artistica diviene per Klee stesso più evidente o più in linea con le sue capacità espressive.
Così il recupero di forme primitive o le ispirazioni altomedievali si inseriscono in un discorso teso alla riscoperta di un nascosto che elude l’immediatezza razionale. Attestarsi come erede di tradizioni lontane e dimenticate più che un appello a un tradizionalismo sterile è un raffinato gioco di mascheramento delle identità, attraverso cui l’artista si dà come protagonista della sua opera.

Sperimentazione

L’ironia è comunque il cane da guardia di questo intervento che potrebbe peccare in altre mani di intellettualismo. L’aver posto in apertura della mostra proprio la sezione delle caricature in cui questo aspetto assurge a protagonista, fornisce una chiave interpretativa sfaccettata all’opera di Klee. La seconda sezione si occupa invece della natura cosmica della sua opera, secondo la stessa definizione dell’artista: l’idea di appropriazione di figure mitiche e significati altri si vede ad esempio nella lunga serie degli angeli. Decontestualizzati e traslati in un nuovo immaginario questi simboli assumono un carattere misterioso, indefinito. In fondo questo processo di setacciamento semantico è lo stesso che opera nell’altra grande corrente stilistica che carsicamente attraversa l’opera di Klee: gli alfabeti, i geroglifici e il pastiche segnico.

Segni e rune

Le rune e i segni vagamente alfabetici che diventano i protagonisti di tante tele dell’artista sono la traccia medianica di una semantica magica e sfuggente. L’artista vuole porsi nello scarto che esiste tra segno e significato, nell’invenzione del segno puro e la sua associazione a un senso. Questa è la natura più propriamente sciamanica: il tramite tra due mondi, quello dell’informe realtà inaccessibile, e la sua trasformazione in codificata esperienza artistica. Il contributo di Klee è qui al massimo della sua potenza e capacità di penetrazione: nella premonizione di quanto arriverà decenni dopo con l’informale segnico, si indaga su tela la magia della scrittura, e con essa per estensione della parola.

Klee e l’ironia

Il merito principale della mostra è quello di sfatare il mito di Klee come artista ingenuamente ed emozionalmente astratto. Nella sezione di chiusura, sontuosamente dedicata a splendide tele astratte, abbiamo la testimonianza da una parte del suo fascino e quindi del suo successo, ma anche dell’elaborata ricerca formale, a partire dalla grammatica geometrica dell’astrattismo fino a rilevanti sperimentazione sui materiali, in un richiamo precorritore dell’altra grande corrente dell’informale, quella materica.

Ricerca materica

La ricchezza e complessità di un artista quale Klee sono celebrate con la giusta ampiezza e profondità qui in mostra. Senza protagonismi autobiografici l’artista pone se stesso al centro della mediazione tra Terra e Cielo, ma non in quanto persona, bensì come ruolo. Questa onnipotenza dell’arte è di riflesso un dono per lo spettatore: le rune oscure tracciate sulla tela prendono vita solo attraverso la presenza di un lettore. La luce sciamanica veicolata dal Cielo ha bisogno di una tribù di adepti.

Paul Klee. Alle Origini dell’arte. MUDEC Milano dal 31/10/2018 al 03/03/2019.

Marco Gandolfi Ama l’arte. Prova a condividere l’amore.